Grand Tour in Italia

Il concerto Grand Tour in Italia ripercorre in musica il viaggio che dal Settecento - e per tutto l’Ottocento - i giovani dell’aristocrazia europea compivano per arricchire il proprio bagaglio di conoscenze ed esperienze. Il percorso musicale che l’ensemble Accademia del Ricercare propone fa tappa nell’Italia settecentesca.

Programma

Giuseppe Sammartini (1695 – 1750)
Triosonata X in Fa maggiore, 1727
Allegro, Adagio Allegro

Francesco Barsanti (1690-1772)
Sonata 3 in Sol minore
Adagio, Allegro,Largo, Gavotta, Minuet

Francesco Geminiani (1687 – 1762)
Concerto in Re maggiore op.2/4
Andante, Allegro, Adagio, Allegro

Johann Christian Schickhardt (c. 1681-1762)
Triosonata Sonata IV in Fa maggiore
dai Concerti del Sig. Corelli Op. 6 a 2 flauti e B.C., 1720
Largo – Allegro, Allegro, Grave, Allegro

Michele Mascitti (1664-1760)
Sonata 6 op. 9, 1738 in la minore
Andante, Allegro, Largo et Affettuoso, Allegro

Evaristo Felice Dall’Abaco (1675-1742)
Triosonata n. XI in Sol maggiore
Grave, Allemanda. Allegro, Ciaccona. Vivace

Esecutori

Lorenzo Cavasanti, Luisa Busca, flauti

Lorenzo Fantinuoli, violoncello

Laura La Vecchia, tiorba

Claudia Ferrero, clavicembalo

Presentazione

A partire dal XVIII Secolo fu consuetudine presso l’aristocrazia europea far compiere ai giovani un lungo viaggio di formazione la cui destinazione era solitamente l’Italia: questo viaggio, noto come Grand Tour, permetteva loro di entrare in contatto con la cultura, l’arte e la storia dei paesi visitati. Il fenomeno fu in voga almeno fino alla fine dell’Ottocento e produsse alcuni risultati memorabili anche in ambito musicale: basti in questa sede ricordare la celebre Sinfonia Italiana di Felix Mendelssohn − Bartholdy.

L’impaginato proposto da questo concerto è un viaggio nelle meraviglie del Barocco musicale, ma testimonia anche un altro fenomeno peculiare: tutti i compositori italiani coinvolti sono infatti accomunati dal fatto di aver trovato fortuna al di fuori dei confini dell’Italia. In altre parole, il problema dei cervelli in fuga ha origini ben più antiche di quanto si pensi, anche se, in ambito musicale, ha sortito effetti benefici per lo sviluppo dell’arte: esportati al di fuori dei confini nazionali, i generi strumentali si arricchirono di tutti quegli apporti che derivavano dalle esperienze dei compositori europei, ponendo le basi per lo sviluppo dello stile classico.

Giuseppe Sammartini, fratello maggiore del più noto Giovanni Battista, trovò impiego in Inghilterra, dove prese servizio presso Federico Luigi di Hannover, Principe del Galles: molte delle sue composizioni, destinate al flauto e all’oboe, strumenti di cui Sammartini era un apprezzatissimo virtuoso, sono infatti dedicate al Principe e a sua moglie Augusta.

Francesco Barsanti e Francesco Geminiani, entrambi lucchesi di nascita e di formazione, svolsero addirittura insieme il viaggio che li portò a stabilirsi a Londra. Vicende simili coinvolsero anche Michele Mascitti ed Evaristo Felice Dall’Abaco che, dopo lunghe peregrinazioni, trovarono fortuna all’estero, il primo a Parigi e il secondo a Monaco di Baviera. Barsanti fu autore di composizioni destinate al flauto dolce che sono particolarmente apprezzate dagli addetti ai lavori per il loro utilizzo idiomatico e tecnicamente impeccabile dello strumento; inoltre, sono rimarchevoli le sue raccolte di canti della Scozia, terra il cui patrimonio musicale popolare non lasciò indifferente nemmeno Ludwig van Beethoven. Di Geminiani e Dall’Abaco si ricordano le importanti innovazioni impresse al modello istituito, in ambito strumentale, da Arcangelo Corelli.

Johann Christian Schickhardt è l’unico compositore non italiano proposto dal programma. Fu autore di concerti e sonate per flauto dolce, oboe e violino, anche in combinazioni inusitate (come nel caso dei Sei concerti op. 19 per quattro flauti dolci e basso continuo). La Quarta sonata in trio in fa maggiore per due flauti e basso continuo, trascritta a partire dai Concerti grossi op. 6 di Corelli, testimonia l’ammirazione che i compositori europei serbavano nei confronti dei colleghi italiani, un’ammirazione talmente forte da spingerli a studiare le loro composizioni e a realizzarne delle elaborazioni.

Danilo Karim Kaddouri

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